top of page

LA PRIMA LINEA IN CASA. LA BATTAGLIA CONTRO IL CORONAVIRUS

  • Immagine del redattore: S. Gorrino A. Diroccia
    S. Gorrino A. Diroccia
  • 21 mar 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

Siamo tutti in prima linea in questa battaglia contro il coronavirus: sanitari, politici, chi lavora, chi sta a casa. Già! anche chi sta a casa combatte, con lo stesso carico di responsabilità.

Possiamo a pieno titolo dire che ci troviamo a vivere un’esperienza destrutturante della nostra vita in termini di spazio e tempo, ovvero in termini di rottura delle nostre abitudini. Lo spazio è quello ristretto delle mura domestiche o poco più. Il tempo quello delle attese, della noia, della possibilità, della privazione.

In questo ambito domestico conosciuto, ma inusuale perché “obbligati a starci dentro”, facciamo i conti con una convivenza forzata con i “nostri cari”, che può essere vissuta come “Finalmente! siamo tutti assieme” o “Ecco! tutti i nodi vengono al pettine”. Senza perdere di vista che, in genere, la famiglia è anche il luogo dove si scaricano le tensioni quotidiane.

Facciamo i conti con la privazione delle persone dalla cui vicinanza trarremmo conforto o alle quali potremmo darne: persone lontane per lavoro e che non possono rientrare, ospedalizzate o in casa di riposo.

In troppi facciamo i conti con la perdita dolorosa di una persona amata, senza il tempo dell’ultimo saluto, dell’ultimo sguardo.

Facciamo i conti con noi stessi, con la nostra capacità di resilienza alla paura.

ree

L'Albero della Vita - dipinto di Gustav Klimt (1909)


Affrontiamo la paura, che, pur essendo un'emozione utile perché ci stimola alla difesa, ci fa stare male, consapevolmente o meno.

Siamo di fronte a due piani: quello oggettivo della malattia, del contagio e delle nuove regole di vita; quello soggettivo di risposta personale a qualcosa che non abbiamo mai visto. Rientrano nella risposta personale le reazioni emotive, quelle che si fanno avanti quando veniamo privati di quei gesti così abitudinari da non farci nemmeno caso: scendere dal letto la mattina, fare colazione e mettere in moto l’auto per andare dove vogliamo. “Andare dove vogliamo, muoverci in tutta libertà”: ci manca così tanto! Perfino quelle attività che fino a ieri ci pesavano, oggi ci sembrano desiderabili. Quello che in realtà ci manca, anche se non lo sappiamo, è stare sotto l’ala protettrice e rassicurante delle “nostre solite cose”. Lo schema quotidiano delinea i contorni della nostra identità e ci stabilizza. La nostra risposta alla paura, ha a che fare con la fiducia che riponiamo nelle nostre capacità di affrontare gli eventi, per quanto improvvisi, massicci e sconosciuti.

L'ansia riguarda anche il “dopo”. Ritroveremo intatto il nostro universo personale, fatto di routine, desideri, aspettative, esperienze note?

Tutto ciò e anche più ci lascia un senso di vulnerabilità, di impotenza, di angoscia. E di rabbia di fronte alla nostra fragilità, rabbia che ci porta a cercare un colpevole, una qualsiasi persona su cui sparare i proiettili della nostra frustrazione.

Provare paura per la nostra salute è normale e utile, lo abbiamo già detto. Ma la paura può diventare panico, valicando un confine labile. Il panico può essere più pericoloso del virus, perché spinge a comportamenti irrazionali, spesso egoistici e a stretto respiro. Comportamenti di negazione o di fuga anche agiti: gli spostamenti di massa, la pretesa gradassa di continuare a fare “come se nulla fosse”, la pretesa (che sarà più forte più avanti) di un risarcimento per l’ingiustizia economica, emotiva e umana patita.

Perdere la testa aumenta il livello della nostra vulnerabilità, ci espone al rischio di essere suggestionati e manipolati dalle sirene delle certezze monolitiche.

Con tutte queste emozioni dobbiamo convivere quotidianamente cercando di mantenere un equilibrio interiore di fronte ad un grande desiderio di fuga.

Tenere i nervi saldi è utile per noi ed è utile per chi ci sta vicino, soprattutto se vicino ci sono i bambini, che chiedono risposte che siano chiare, semplici e soprattutto che non siano bugie. “C’è un virus che ci vuole far ammalare. I medici stanno cercando di sconfiggerlo, ma non è facile e ci vorrà del tempo. Fino ad allora noi dobbiamo fare attenzione e seguire delle regole importanti per tenerlo a bada. È un modo per essere anche noi di aiuto”. I bambini hanno bisogno di vedere che gli adulti sono fermi, autorevoli e fiduciosi di fronte alle regole. È importante che non pensino: “se ha paura lui che è grande, chissà a me che può succedere”. Per essere sicuri con loro il primo passo è essere protettivi e assumere su di sé il ruolo dell’adulto responsabile: prenderci del tempo per riflettere, rinunciare a rincorrere l’ultimissima notizia quale che sia, usare un linguaggio semplice, dare alla giornata una routine riconoscibile con spazi di gioco, di compiti e di doveri. Importante è fare passare il messaggio di fiducia che le persone intorno a loro stanno facendo tutto il possibile per fare andare bene le cose.

Questa situazione che stiamo vivendo ci dà modo di attivare risorse personali da mettere a disposizione della società. Ciò significa avere il coraggio della propria paura, riuscire a tenercela addosso senza farla tracimare in panico e seguire le regole, per tutto il tempo necessario, resistendo al fragile egoismo di mollare prima del necessario producendo danni a noi e agli altri.

Questa è una grande sfida personale e sociale.

 
 
 

Commenti


Trattamenti

bottom of page